Giugno 2018: La definizione di “antibiotico”

1 Giugno 2018. Consigli del farmacista

Gli antibiotici (il termine etimologicamente deriva dal greco antico e significa “contro la vita”) sono delle sostanze chimiche, usate in campo medico per la cura delle malattie infettive, capaci di bloccare la crescita dei batteri patogeni (BATTERIOSTATICI) o di determinarne la morte (BATTERICIDI). Talvolta il tipo di azione (batteriostatica o battericida) è legato al dosaggio del farmaco assunto.

Di fatto, le moderne ricerche sugli antibiotici iniziarono nel 1928, anno in cui il medico e farmacologo Alexander Fleming scoprì la Penicillina, sostanza originata e diffusa da un fungo (il Penicillium notatum) e in grado di bloccare lo sviluppo di numerose specie di batteri, anche se essa trovò impiego in campo terapeutico soltanto dal 1940.

Gli antibiotici possono essere prodotti da varie specie di microorganismi (quali muffe e batteri) oppure ottenuti per sintesi. Gli antibiotici sono tantissimi, e frequentemente vengono classificati, in base alla loro struttura chimica, in: – beta-lattamici (a cui appartengono le penicilline e le cefalosporine); – tetracicline; – macrolidi; – chinoloni: – aminoglicosidi.

Abbiamo già spiegato come questa classe di farmaci, nata e sviluppata per combattere le infezioni causate dai batteri patogeni (cioè quei batteri che, una volta entrati nell’organismo-ospite, sono in grado di moltiplicarsi e di produrre tossine), in realtà non riesce a distinguere i batteri “buoni” da quelli “cattivi”. Come conseguenza, l’utilizzo dell’antibiotico ha un importante effetto negativo sui batteri “buoni”, che -come già ribadito- costituiscono la microflora benefica fisiologica che ricopre interamente le mucose dell’intestino.

Numerosi studi sono stati condotti in merito ai danni che gli antibiotici causano a livello dell’intero organismo, ed una delle più sorprendenti evidenze è stata questa: per ripristinare l’equilibrio della microflora intestinale a seguito di una sola terapia antibiotica standard (della durata media di 5 giorni) sono necessari ben 2 anni!!

Per utilizzare correttamente un antibiotico, è innanzitutto indispensabile individuare la precisa origine dell’infezione (quindi eseguire una corretta diagnosi del disturbo) e, secondariamente, riconoscere in modo sicuro se la suddetta infezione è di tipo virale o batterico. Una volta identificata l’origine batterica (e non virale), è bene considerare che esistono tante tipologie di antibiotici, che si distinguono in base al loro meccanismo di azione e alla loro specificità di azione. Gli antibiotici attivi nei confronti di molte specie batteriche contemporaneamente sono definiti “ad ampio spettro”, mentre quelli che agiscono solo su un numero molto limitato di specie batteriche sono definite “a spettro ristretto”.

Solo il medico ha la facoltà di prescrivere un antibiotico, e soltanto dopo avere attentamente valutato la situazione clinica del paziente.

Nonostante ciò, il loro utilizzo continua ad essere frequentemente sbagliato:

  1. spesso essi vengono erroneamente impiegati (nel 40% dei casi vengono assunti da persone colpite da infezioni virali, nei confronti delle quali gli antibiotici sono inattivi).
  2. spesso essi vengono consumati impropriamente, ovvero in dosi eccessive oppure in dosi insufficienti (cioè per periodi troppo lunghi o troppo brevi) o, ancora, contro il batterio sbagliato.

Si aggiunga a tutto ciò un’altra grave abitudine della società moderna: il largo uso che dei farmaci antimicrobici si fa nella medicina veterinaria, in zootecnia (specie negli allevamenti intensivi) e persino nell’agricoltura.

Tutto ciò comporta che, anche chi non fa uso di antibiotici, non ne ha mai assunti per sua fortuna o non li assume per scelta, non è escluso dall’essere colpito dagli allarmanti effetti indesiderati di questa classe farmacologica (poichè fa parte di una società in cui altri individui ne fanno uso e/o abuso ed in quanto consumatore -spesso inconsapevole- di alimenti che possono contenere antibiotici!!).