Agosto 2018: La resistenza antibiotica

1 Agosto 2018. Consigli del farmacista

La resistenza antibiotica viene definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come la capacità dei batteri di resistere all’attività di un farmaco antibiotico, che, originariamente, era efficace per il trattamento di infezioni causate dagli stessi.

Lo sviluppo della resistenza batterica è un normale processo evolutivo: già nel 1945, Alexander Fleming (scopritore della penicillina), durante la cerimonia di consegna del premio Nobel (conseguito per questa sua rivoluzionaria scoperta), aveva avvertito che i batteri avrebbero sviluppato resistenza verso questa classe di farmaci!

Il fenomeno dell’ antibiotico-resistenza si verifica come conseguenza dell’esposizione dei batteri agli antibiotici. I batteri, infatti, cercano di difendersi dall’azione di queste sostanze mettendo in atto strategie di sopravvivenza. Attraverso mutazioni genetiche, i batteri modificano le loro strutture cellulari (bersaglio degli antibiotici), diventando resistenti a questi farmaci. Le mutazioni dei microrganismi patogeni avvengono rapidamente molto di più della messa a punto di nuove molecole antibiotiche.

La resistenza può, inoltre, in alcuni casi essere trasmessa da un batterio ad un altro: nascono così nuove generazioni di batteri, resistenti ad uno o più antibiotici contemporaneamente, batteri i quali si diffondono nella popolazione causando infezioni gravi (perchè non più curabili con i farmaci che fino a quel momento erano risultati efficaci). Questi batteri inoltre, essendo resistenti, possono trasmettere e causare infezioni anche a persone che non hanno fatto uso di antibiotici. Le suddette infezioni, causate da batteri che prendono il nome di super-resistenti, richiedono una maggiore assistenza sanitaria, con il conseguente innalzamento dei costi per il Sistema Sanitario Nazionale (causato in parte dall’aumento dei ricoveri ospedalieri e in parte dalla necessità di maggiori investimenti per lo sviluppo di nuove molecole antibiotiche attive contro i nuovi super-batteri).

A tutto ciò si aggiunga che –inevitabilmente- i batteri sensibili (cioè i batteri “buoni” del nostro intestino) muoiono quando entrano in contatto con gli antibiotici, mentre i batteri resistenti (quelli “cattivi”) sopravvivono e continuano a moltiplicarsi.

Sebbene l’antibiotico-resistenza sia un fenomeno naturale (dovuto appunto alle frequenti mutazioni genetiche a cui vanno spontaneamente incontro i batteri), è stato dimostrato che un uso eccessivo e improprio degli antibiotici accelera la comparsa e la diffusione dei batteri resistenti.

Nonostante il problema dell’antibiotico-resistenza sia una priorità a livello planetario, attualmente le iniziative e gli investimenti sulla ricerca di nuovi antibiotici in Italia sono ancora ridotti al minimo.

Quali sono dunque i comportamenti da evitare per cercare di scongiurare il rischio di resistenze batteriche?

–        Innanzitutto assumere un antibiotico solo in caso di infezioni batteriche (correttamente diagnosticate), e non per trattare infezioni virali. In presenza di una infezione batterica, il medico può richiedere un esame di laboratorio, chiamato ANTIBIOGRAMMA, che consente di valutare l’entità dell’efficacia di uno o più antibiotici su microorganismi isolati, cioè tolti dal loro ambiente di infezione e portati in terreno di coltura. In tal modo il medico può prescrivere in tutta tranquillità l’antibiotico più efficace, evitando il problema della resistenza. L’unico limite di questo metodo è che richiede due-tre giorni, quindi non può essere impiegato in caso di emergenze.

–        Evitare nella maniera più assoluta di assumere un antibiotico diminuendo la dose o la durata del trattamento, oppure non osservando la posologia corretta (e rispettando anche gli orari di assunzione).

–        Sensibilizzare la popolazione sul consumo di carne, uova, latte e derivati non trattati in maniera intensiva da antibiotici (è stato visto che alcuni batteri resistenti, associati agli alimenti -come ad esempio le Salmonelle– possono essere trasmessi dall’animale all’uomo anche attraverso il cibo!).