Il tabagismo si può definire come l’abitudine o dipendenza dal fumo di tabacco, ossia l’atto di bruciare le foglie secche della pianta del Tabacco (denominata Nicotiana Tabacum) e inalare il fumo derivato per piacere, a cui conseguono un’intossicazione di tipo cronico e una dipendenza; per estensione, il termine “tabagismo” comprende dipendenze connesse ad altre assunzioni, percentualmente meno rilevanti, come l’inalazione della polvere (tabagismo da fiuto).
La pratica, a livello naturale, era comune tra i nativi americani sia del Nord che del Sud America, e fu in seguito introdotta anche nel resto del mondo per via commerciale dopo l’esplorazione delle Americhe da parte degli Europei. Da allora in poi, il suo impiego (prima come pianta ornamentale poi per l’utilizzo delle foglie nella produzione del tabacco) si è sviluppato inizialmente in Spagna, poi in tutta Europa, più tardi in tutto il mondo.
Un evento molto importante nella storia del tabacco risale al 1994, anno in cui il chimico Jeffrey Wigand, ex dipendente pentito della multinazionale Brown & Williamson, decide di denunciare tutti i tentativi della industria di negare la dannosità del tabacco, e si rivolge al famoso giornalista Lowell Bergman, che esce con un articolo esplosivo su Vanity Fair.
Le amare vicissitudini dei due protagonisti verranno poi raccontate nel film “Insider – Dietro la verità”, con Al Pacino e Russel Crowe.
In conseguenza di ciò, nello stesso anno, a seguito di studi che confermano la possibile dannosità del consumo di sigarette, verranno introdotte leggi stringenti, che impongono la presenza di etichette di avviso sulla loro pericolosità sui prodotti a base di tabacco, e inseriscono limitazioni alla possibilità di pubblicizzarli.
Socialmente, il fumo ha rappresentato in passato il simbolo di una vita piena di lussi o di fasti. I media hanno spesso ritratto belle donne e attori carismatici mentre fumavano, aumentandone così il fascino, fenomeno che si è scoperto essere non solamente casuale, ma pubblicità indiretta, con alcuni divi del Cinema pagati dalle aziende del tabacco. L’immagine pubblicitaria o cinematografica, in ogni caso totalmente falsa e ingannevole, che eleva la sigaretta a complemento dell’uomo sano, sportivo e disinvolto e della donna affascinante ed elegante, ha comportato di fatto uno spirito di emulazione, soprattutto tra gli adolescenti, che cominciano a fumare in giovane età quasi per gioco e poi diventano inevitabilmente dipendenti.
Dagli anni sessanta fino ad oggi si è constatato un calo di diffusione del fumo fra i maschi adulti, con il contemporaneo aumento dell’uso di tabacco fra le donne ed i giovani. Tendenzialmente, inoltre, l’abitudine al fumo compare in età sempre più precoce, con prevalenza delle ragazze sui giovani maschi. Nel periodo adolescenziale, il giovane viene spinto naturalmente a ricercare un ruolo che gli consenta una affermazione all’interno del gruppo di cui desidera far parte. L’illusione dei ragazzi è che sia possibile soddisfare due necessità importanti ma contraddittorie: la necessità di autonomia nei confronti degli adulti ed il bisogno d’identificarsi con questi ultimi o di sentirsi già tali. A questa età lo spirito di emulazione resta sempre molto intenso, quindi, se in famiglia un genitore o un fratello più grande fumano, diventa molto più probabile che il giovane si avvicini alla sigaretta.